La bugia di Crsitina Giuntini
Cani e gatti dal cielo
Mi avevano avvisato che, a Londra, il tempo era piuttosto instabile: per questo mi ero premurato, fin dal primo giorno, di portare sempre con me un ombrello tascabile, da aprire alla prima goccia che mi fosse caduta addosso da quel cielo plumbeo che incombeva su di me. Quello, però, a cui non ero per niente preparato, era ciò che mi successe mentre stavo con il naso per aria ad ammirare il Big Ben: improvvisamente, qualcosa di ben più grande di una goccia sbatté, con un sonoro “Meow!”, sulla mia guancia destra. Sbalordito, vidi un gatto atterrare regolarmente sulle quattro zampe. Non feci in tempo a riprendermi, prima di sentire un “Woof!” alla mia sinistra, e trovarmi davanti un cagnolino, catapultato sulla strada in modo più scomposto. Ma non era finita: pian piano, altri cani e gatti iniziarono a piovere dal cielo, e, in pochi minuti, le strade ne furono piene.
“Si stupisce?” mi chiese, divertito, un indigeno. “E’ l’effetto delle variazioni climatiche: l’inquinamento e il buco nell’ozono hanno avuto il sorprendente effetto di far avverare una delle nostre espressioni idiomatiche più curiose.”
“Sarebbe?” chiesi, piuttosto stranito.
“Quando piove a dirotto, noi inglesi abbiamo sempre usato dire “Piovono gatti e cani”. Mai ci saremmo immaginati che un giorno, per effetto di tutti i veleni che l’uomo ha ficcato nell’aria, la cosa si sarebbe avverata!”
“Ma… Come fate a convivere con questo?” Indicai la folla di animali che si strusciavano ai nostri piedi.
“Ci siamo abituati.”
“E i gatti e i cani dove vanno a finire, quando smette di piovere?”
“Nelle nostre case. Siamo amanti degli animali!”
“Strano posto” commentai, massaggiandomi la guancia. Lui mi batté una mano sulla spalla.
“Non si sgomenti: preferirebbe trovarsi in India?”
“No, no” risposi, dopo una breve riflessione.
La bugia di Anna Paola Lacatena
Nuvoe
Rallentando appena la corsa dell’auto lungo la strada statale 106, che collega Taranto a Reggio Calabria, disse: «Vedi Federico, è lì che lavora tuo padre.» Stentoreamente il piccolo orientò lo sguardo alla sua destra. Quasi a voler sfuggire al perimetro delineato e rigido dell’abitacolo, si sporse fino a che il suo nasino non si schiacciò contro la superficie, fredda e umida, del vetro dello sportello posteriore dell’auto. Si sentì invaso dalla maestosità di quanto gli si era stagliato dinanzi.
«Com’è grande nonno! È bellissimo!» asserì con una esse ostaggio di un sigmatismo da mancanza di incisivi.
Chissà cosa i suoi occhi avevano scorto in quell’enorme agglomerato di ferro e acciaio. Magari la fiamma prepotente dell’ultimo altoforno ancora in funzione gli aveva consegnato l’idea di un padre eroico, impegnato a sfidare figure mitologiche e terribili. A pensarci bene, in fondo in fondo, la sua visione non era poi così distante dalla realtà.
«E che cosa costruiscono, nonno?!»
L’anziano signore testimone della nascita, collocabile intorno alla fine degli anni ’60, di un insediamento industriale che per tutti oggi rappresentava solo “la fabbrica dei veleni”, non se la sentì di prodigarsi in una dissertazione sulla produzione di laminati in acciaio.
«… Nuvole. Creano le nuvole!» tagliò corto.
«Bello nonno! Le nuvole…», sbalordito Federico diresse lo sguardo verso l’alto, attribuendo la genesi di tutto ciò che copriva l’incerto azzurro del cielo all’opera del proletariato locale ma più ancora all’impegno e alla dedizione di suo padre.
Giunti a casa, la nonna dispose sul tavolo la minestra accompagnando il tutto con l’apparente innocua considerazione: «Mi sa che oggi piove…» Alla stessa il piccolo con fierezza rispose: «Eh certo! Papà oggi è di turno…»
La bugia di Paolo Fusi
Una bugia per bene
Il bambino era nero e aveva l’età in cui ancora si crede a Babbo Natale, ma con una storia alle spalle che lo spingeva a crescere in fretta. Era partito dall’Africa con mamma e papà per un viaggio durato mesi con destinazione la felicità o perlomeno un suo surrogato, lasciandosi alle spalle orrori e fame atavica. La traversata del mare fu però tragica, il barcone venne abbandonato dagli scafisti a parecchie miglia dalla costa e col mare agitato, inevitabilmente sì ribaltò e ci furono parecchie vittime, compresa la mamma del piccolo Omar. Padre e bambino vennero accuditi dai soccorritori e portati in Sicilia, dopo qualche settimana li portarono in continente, non si perché finirono per essere accolti in un piccolo paese sulle montagne pistoiesi. L’inverno giocò loro un brutto scherzo, il padre si ammalò e venne portato All’ospedale, così si decise di affidare temporaneamente il piccolo a Pietro ed Anna, una coppia senza figli del paese. Quella sera Omar non riusciva a stare fermo, irrequieto e restio ad accettare la nuova situazione, ma fortunatamente cominciò a nevicare. Omar non aveva mai visto la neve, e ne rimase affascinato, così guardòn Interrogativamente Pietro.
Il buonuomo ebbe una intuizione, e disse al piccolo che quella cosa che stava ricoprendo il paesaggi odi una coltre bianca, altro non era che” manna.” “Cos’è la manna?” – gli chiese allora Omar.
“Si tratta di cibo, che il buon Dio manda giù per soccorrere gli uomini disperati ed affamati.”
La spiegazione piacque al piccolo africano, nel suo paese non si era mai vista la manna, allora davvero era finito nel paese della felicità, come dicevano mamma e papà, così si tranquillizzò e andò a dormire, sicuro che il futuro da allora poteva solo essere tutto in discesa.
La bugia di Alberto Isoardi
Non ci sono piu’ le mezze stagioni
Tre uomini seduti al tavolo, uno parla infervorato. “Dicono tutti: non ci sono più le mezze stagioni. In realtà non credono veramente alla loro passata esistenza. La lobby del meteo ce lo ha sempre tenuto nascosto, ma sappiate che sono esistite eccome, e non erano mezze stagioni qualunque, con una concatenazione logica: le varie metà si mescolavano nel più imprevedibile dei modi e il caos meteorologico regnava sovrano. A volte le metà estive si trasformavano senza preavviso negli inverni più rigidi, passando da temperature tropicali a nevicate siberiane, altre volte mezze primavere diventavano di colpo mezzi autunni, facendo crescere funghi e foglie ingiallite su alberi rivestiti di fiori. Un gigantesco cocktail stagionale. Non si capiva più nulla e a farne le spese sapete chi furono? I dinosauri! Hanno dato la colpa al meteorite per la loro estinzione, ma nessuno osa dire, chissà poi per quali interessi, che la vera causa è da ricercarsi nelle mezze stagioni. Si ammalarono in massa di bronchiti, polmoniti e raffreddori micidiali, che decimarono la popolazione fino alla loro completa estinzione. L’ho letto su complottami.com”. Gli altri due uomini si guardarono, terminarono il bianchetto e posarono il bicchiere sul tavolo. “Sì, Renzo, sì, ma secondo noi dovresti uscire un po’ di più, sai? Da quando sei in pensione sei sempre sul computer, vieni a giocare a bocce con noi.” “Non ho tempo! Ora che mio nipote mi ha insegnato ad andare su internet, la conoscenza è a portata di mano! Fate come me e pensate con la vostra testa, invece di farvi fare il lavaggio del cervello!” I due lo presero sotto braccio e si avviarono con passo lento verso l’uscita del bar. “E sapete cosa ho letto sull’Australia? A quanto pare non è mai esistita…”